Non ci si pensa, non se ne parla molto, ma la disabilità è una situazione comune a tutte le specie, non è esclusiva dell’essere umano. Anche agli altri animali può capitare per svariati motivi di perdere l’uso di una o più zampe, e di conseguenza non essere più autonomi in tutte le abitudini e quindi vivere con difficoltà.
E quando un animale (non-umano) perde la capacità di utilizzare le sue zampine, molto facilmente verrà dato per spacciato. I suoi umani non sapendo come affrontare il problema, saranno portati a pensare che l’eutanasia sia la soluzione migliore.
La parola Eutanasia significa “buona morte” (dal greco: [Eu] bene, [Thanatos] morte). La buona morte. Ma possiamo credere che esista sul serio una buona morte, quando non ti viene lasciato nemmeno il tempo di capire, il tempo di affrontare, di fare un tentativo. Quando non sono i dolori a fermarti, e nemmeno la malattia, ma solo l’incapacità di spostarti. O meglio l’incapacità del tuo umano nel trovare una diversa modo di affrontare la vita, diverso ma sempre insieme a te.
La verità è che oggigiorno fortunatamente esistono diversi tipi di alternative, che consentono anche all’animale disabile una vita ben più che dignitosa. Quello che serve è solo il coraggio nell’affrontare qualcosa che ancora non conosciamo, che forse esce un po’ dai soliti parametri e dalla nostra quotidiana immaginazione. E poi serve un pizzico di fantasia, che non guasta mai, per vivere in un modo tutto nuovo le faccende di ogni giorno.
Sono in molti a testimoniare che la vita a fianco di un animale disabile non è affatto problematica né tantomeno triste come probabilmente la si immagina. Sono le nostre stesse proiezioni a spaventarci, mentre la realtà è che loro (gli animali non umani) non sono vittime di un contesto sociale che considera la disabilità fisica una situazione umiliante e fatta di privazioni.